TradizioniDalle più antiche tradizioni sigillane, fino ai giorni nostri.
Il Carnevale a Sigillo

CIOPRIA' CIOPRIA'... CARNEVALE SE NE VA!

Divertimenti popolari sigillani, d'altri tempi. Appartengono al folclore del nostro paese e rivelano lo spirito inventivo della nostra gente. Ci rifacciamo alla manifestazione popolare del martedì di carnevale del 1915.
Altre si sono ripetute negli anni seguenti e con alcune varianti. Riferiamo quella che ricordiamo come la più antica e, forse la più geniale.
Si partiva sull’annottare dal Teatro Verdi, in Via Baldeschi (oggi cucine Casa Benedetta).
Si ordinava un lungo corteo di gente, che percorreva le vie principali del paese. Tutti dovevano avere una candela in mano, come per un defunto.
Nella parte centrale del corteo si portava un fantoccio di paglia, vestito da uomo, con un cappellaccio in testa, una pancia molto voluminosa, adagiato su una barella sconquassata.
Intorno al fantoccio la gente commentava: Carnevale è malato! Carnevale sta per morire!
E poi si intonava un ritornello, cantato innumerevoli volte a squarciagola:
Cioppria, ciopprià Carnevale se ne va! Aspetta quattro giorni, fallo per carità!”.
Trombette e tamburelli ritmavano il canto.
Le voci più acute erano quelle dei ragazzi, che si fondevano con quelle baritonali o basse degli uomini o con quelle soprane delle ragazze e delle donne.
Si percorrevano le vie principali del paese, ripetendo invariabilmente la scena e il canto.
L'ultima strada a farsi era il corso.
In piazza del Comune era fissato il grande raduno.
Carnevale giaceva malato al centro.
Polibio di Mattioli, che impersonava il figlio del Carnevale, si sforzava a singhiozzare e piangere a calde lacrime.
Il medico, chiamato d'urgenza, accorreva per la visita di rito: era Bartoletti Felice, detto Marchettino, un uomo alto, longilineo, che si presentava in tuba e bastone, e con un paio d'occhiali, fatti con scorze d'arancio, bucate.
Tastava il polso, ascoltava il cuore, guardava la lingua e, poi, tra il silenzio generale diceva:  “Ah, cari miei, rassegnatevi: il malato è gravissimo; non c'è più nulla da fare; il polso non si sente più, il respiro è inesistente, gli occhi sono chiusi, non risponde più”.
Poi il medico si curvava di nuovo sul malato, tastava il polso, accostava l'orecchio al respiro, e, non sentendo segni di vita, sentenziava: Carnevale è morto, è morto!
Alla brutta notizia tutti cominciavano a gridare e piangere: dicevano: “Bisogna aspettare un anno, perché Carnevale ritorni”.
Dopo questa scena di pianto, bruciavano il fantoccio in piazza e riprendevano il canto: Cioppria, ciopprià, Carnevale se ne và
Quando le ultime fiammate si dileguavano, si spegnevano le candele e tacevano i canti.
La gente tornava a casa sorridente, mentre dal campanile di S. Andrea il campanone dondolante e severo segnava l'inizio della Quaresima.

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La settimana Santa

LA SETTIMANA SANTA A SIGILLO

Nel Calendario religioso, al tempo degli Statuti del 1616, i Priori ed il Consiglio avevano stabilito per la nostra terra un calendario pubblico che testimonia la fede e la devozione dei nostri antenati. In esso è scritto: Item statuimo et ordinamo, che qualsivoglia persona guardi tutte le feste che sono comandate dalla Santa Madre Chiesa, e queste infrascritte sotto la pena soddetta per ciascuna di esse di qualsivoglia trasgressore.
GIOVEDI SANTO Ultima cena del Signore. A S. Andrea (chiesa parrocchiale), Messa vespertina e solenne, si fa la lavanda dei piedi, in memoria del Signore che nell’ultima cena lavò i piedi agli apostoli. Dopo il “Gloria” si legano le campane. Le funzioni verranno annunziate con le "battistangole", formate da una tavola di noce con manico e alla quale sono attaccati due pezzi di ferro, giranti sui cardini, e che sbatacchiano con forti rumori. A questo fa seguito il “Battustino, per la prima ed ultima volta". Al calar delle tenebre, dal convento delle monache, esce il Cristo Morto che viene portato a Sant’Agostino (antico convento dell’ordine agostiniano), seguito dall’Addolorata. A Sant’Agostino, predica della Passione, e canti dello Stabat e del Miserere, fino alle ore 22.
VENERDI SANTO Morte del Signore e Adorazione della Croce Azione liturgica vespertina. E’ giorno di lutto; si scopre il Crocifisso e si canta il “Popule Meus” a S. Andrea prima, e alle Monache (antico convento dell’ordine delle agostiniane di S. Anna), poi. Alla sera la grandiosa processione del Cristo Morto, con il Cireneo che aiuta a portare la Croce al Cristo scalzo e con catene legate ai piedi; ai lati vi sono i soldati romani e le Pie Donne (80 figuranti in costume d’epoca, percorrono idealmente il tragitto compiuto dal Cristo, prima di essere crocifisso. Arrivati sul luogo viene ricordato il rito della Crocifissione). La processione sosta alla chiesa delle Monache ed alla Chiesa del Cimitero. Il paese è tutto illuminato. Al ritorno si fa la "veglia del Cristo Morto".
SABATO SANTO Giorno di lutto intorno al Sepolcro del Signore. Al mattino, il Cristo Morto è riportato nel Convento delle Monache; a San Giuseppe si benedicono i commestibili, che verranno consumati nella "tradizionale colazione di Pasqua da tutta la famiglia riunita". Alle 22,30 inizia la solenne Veglia Pasquale; a mezzanotte la santa messa; al Gloria si sciolgono le campane, mentre la statua del Cristo Risorto fa ingresso in Chiesa. PASQUA- Messa solenne a Sant’Agostino e Benedizione con Indulgenza Plenaria
IL CRISTO MORTO E’scolpito in legno pregiato, forse ulivo, ed è opera di singolare valore artistico: E’ Conservato nel Monastero delle Agostiniane. Non si sa la data né il nome dello scultore. Forse è opera fatta tra il 1500 e il 1600. Nelle visite del Vescovo di Nocera, Mons. Francesco Lorenzo Massaioli (1768-1800), si legge che nel "1762 SimonPietro Mancini raccolse per il Cristo Morto la somma di scudi cinque e baiocchi 75". L’urna vecchia in legno, di buon gusto artistico, si trova ora nella Sagrestia di S. Andrea in Sigillo. Quella nuova, entro cui giace il Corpo del Cristo, come in una bara, è dell’anno 1906. Fu acquistata dai Fratelli Rettori, non è detto di quale città fossero. E’ frutto delle offerte raccolte a Sigillo e negli Stati Uniti d’America, come conferma una lettera inviata alla Venerabile Confraternita di S. Giuseppe, che ha il dovere e l’onore di celebrare la festa del Cristo Morto. L’urna artistica è in ottone, con colonnine, archi e guglie di stile gotico. L’impressione che si prova, è enorme, indescrivibile. Il Popolo bacia, con trasporto di fede, i piedi insanguinati del Cristo Morto, trapassati dai chiodi, coperto da un velo ricamato di seta nero. Vi mette viole, mammole, margherite di prato e manda per devozione, ai figli e parenti lontani qualche fiorellino, che è stato sui Piedi benedetti del Cristo. Vengono raccolte offerte su piatti d’ottone, la sciati da pellegrini di passaggio verso Roma; piatti di grande valore artistico, costruiti in Italia, ad imitazione delle elemosiniere tedesche, con lettere messe alla rinfusa, in caratteri gotici e perciò illeggibili. Sono simili ai due piatti che si trovano nel Museo d’Assisi. La data di fusione è tra il 1400 e il 1500. Nei fascicoli di Storia Patria, Deputazione per l’Umbria, questi piatti sono illustrati, quale oggetto di grande valore artistico. Fino al 1950 i piatti erano due, da quella data, uno è venuto a mancare, non sappiamo come.

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Cantamaggio

IL CANTAMAGGIO

Della tradizione del "Cantamaggio" a Sigillo si hanno le prime testimonianze vocali alla fine dell'ottocento:i primi maggiaioli partivano a piedi la notte del 30 aprile e passavano da ogni casolare per cantar maggio, per cantare cioè un'insieme di canti propiziatori primaverili; all'esibizione faceva seguito la questua ovvero la richiesta di un'obolo che consisteva in uova, formaggio, prosciutto e qualsiasi cosa il Capofamiglia o la Massaia fossero disposti ad offrire. Analizzando la pratica della questua l'ipotesi è che i visitanti fossero più poveri dei visitati e approfittassero dell'occasione.
I gruppi di maggiaioli svolsero la loro attività fino alla fine degli anni '50, quando iniziò il processo di spopolamento delle campagne; la tradizione però riprese vita una ventina d'anni dopo, dapprima timidamente e poi interessando un numero sempre più grande di persone e località (anche in virtù dell'uso dell'automobile).
Così anche a Sigillo negli anni settanta si formarono dei piccoli gruppi di giovani che presero a cantare riprendendo i canti del maggio legati al nostro territorio sui ritmi medievali del Maggio popolare.

Le feste di Maggio nei secoli passati hanno avuto un'importanza straordinaria in Italia come altrove, poi da noi circa 150 anni fa hanno iniziato un processo di rapido declino anche in confronto ad altre feste quali il Carnevale o la Befana; questa decadenza è dovuta a molte cause, prima fra tutte il mutamento di significato del primo maggio (una volta inizio della primavera) in festa dei lavoratori per il socialismo, inizio del mese dedicato alla Madonna per la Chiesa

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Corpus Domini

TRADIZIONALE INFIORATA DEL CORPUS DOMINI


Ogni anno nel centro storico si ripete la tradizionale Infiorata del Corpus Domini. In tutte le vie del centro si comincia già dalla sera precedente alla preparazione dei disegni, che poi al mattino vanno rifiniti e riempiti con il giallo dei fiori di ginestra ed il verde della santoreggia. Ma da qualche anno la manifestazione si è molto evoluta. Con l'aiuto di artisti e con le loro maestria nel combinare colori di diversi fiori ed erbe hanno dato un tocco in più ai disegni e con l'aggiunta di quadri e immagini sacre sono stati molto apprezzati dai visitatori che da qualche anno arrivano sempre molto numerosi.
L’Infiorata è una tradizione religiosa che risale al 1500, la notizia dell’esistenza di una Bolla della Delegazione Apostolica in Perugia del 1 agosto 1532 e relativa alla Chiesa di Sant’Anna, sede della Confraternita del Corpo di Cristo, ci conferma questa notizia. La Bolla è una risposta positiva ad una petizione dei "Sindaci, massari e uomini della confraternita sigillana del Corpo di Cristo, nella quale si chiedeva di ampliare e riedificare l’antica Maestà o Cappella di detta confraternita e di non trasformare mai la chiesa in beneficio ecclesiastico. La Bolla porta i sigilli di mons. Francesco Pitta vicedelegato e del Cardinal Legato Silvio Passerini, detto il Cortonese, personaggi ben noti nella storia della delegazione apostolica di Perugia, come risulta dal Pellini e dal Bonazzi.

L’antico calendario religioso sigillano, nel mese di giugno annota: " per il Corpus Domini, solenne processione Eucaristica per le vie del paese e si fa l’infiorata con gran profusione di fiori di ginestra, di rose, di papaveri e di santoreggia".

La pro-Loco sigillana ha promosso un incontro con le altre associazioni presenti sul territorio, per solennizzare, nel migliore dei modi tale solennità. "è una gara appassionante per primeggiare nella realizzazione dei "disegni artistici" che fanno da cornice e da tappeto al passaggio della Processione.

La popolazione di Sigillo è parte attiva nella prosecuzione di una tradizione che si perde nella notte dei tempi.

 

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Giochi di quartiere

GIOCHI DI QUARTIERE

I Giochi Di Quartiere, nel corso degli anni, sono diventati una delle manifestazioni più importanti e seguite dell'intera estate sigillana. Dopo le prime sette edizioni degli anni novanta, la manifestazione è stata rinnovata e ripresa stabilmente dal 2008. Si svolgono in Luglio, nel sabato che precede la Festa di S. Anna, Patrona di Sigillo (celebrata il 26 Luglio). Per l'occasione, Sigillo viene diviso nei suoi cinque quartieri storici: Borgo, Campo De La Fiera, San Martino, Ara De Fabriano e  Rocca.

Ogni quartiere ha un proprio doppio colore e un proprio stemma ed è rappresentato da una squadra di 20 giocatori, compreso il Capitano, che ogni quartiere elegge ogni anno. Dopo la breve sfilata che si svolge lungo Via G. Matteotti (Via Flaminia), partendo da Piazza Martiri, le cinque squadre raggiungono lo Stadio Comunale "Ermes Aretini". Il suono dell'Inno a Sigillo precede l'ingresso in campo delle squadre dei quartieri ed ognuna si presenta con una diversa Entrata, che di solito vuole rappresentare una sfida lanciata alle altre. Le cinque squadre competono, quindi, in diversi giochi a punteggio, che variano ogni anno, sul modello dei Giochi Senza Frontiere, per eleggere alla fine il vincitore. Ogni squadra ha a disposizione anche un Jolly, che, se utilizzato prima di un qualsiasi gioco, ne consente il raddoppio dei punti. Alla fine della manifestazione, viene consegnato il Palio alla squadra che ha totalizzato più punti, nei diversi giochi. La vittoria è poi celebrata con fuochi d'artificio finali e con caroselli per le vie di Sigillo, del quartiere vincitore. Oltre al "Gran Cenone dei Quartieri", che apre la kermesse degli eventi legati ai Giochi Di Quartiere e nel quale vengono ufficializzati i Capitani scelti da ogni quartiere, nei giorni che precedono e seguono i Giochi Di Quartiere, si svolgono anche le tradizionali "Feste Dei Quartieri", nelle quali ogni quartiere celebra le gesta della sua squadra ai Giochi Di Quartiere, con ottimo cibo, musica, danze e tanto divertimento.

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Festa di Sant'Anna

SANT'ANNA PATRONA DI SIGILLO

Nello Statuto della Magnifica Terra di Sigillo, si legge: "Le feste che debbano guardarsi da tutto il Popolo. (carte sette rubrica 10). Item statuimo, et ordinamo, che qual si voglia persona guardi tutte le feste che sono comandate dalla Santa Matre Chiesa, è queste infrascritte sotto la pena soddetta per ciascuna di esse da qual si voglia trasgressore.
LUGLIO. S. Anna si solennizza nella sua Chiesa con l’offitio solenne di quante messe si trovano, si fa la processione con tutte le Compagnie nella vigilia la sera et, la matina avanti si canti la Messa solenne si fa l’altra processione, per la gratia ricevuta per la intercessione di questa gloriosa santa nella contagione, che fu in questa Terra nel mille, et cinquecento, con l’offerta della Torcia di libbre tre. (Statuto del 10 luglio 1616)."
La chiesa di S. Anna, chiamata ora la chiesa del cimitero, fu edificata con le elemosine del popolo nella metà del ‘400. Vi ebbe sede la confraternita di S. Anna e i confratelli erano chiamati "confratelli di S. Anna" e si riunivano spesso sotto la guida di un sacerdote. Ha avuto sempre un unico altare. Nal 1633 fu aggiunto un portico antistante, la chiesa a tre navate con sei colonne come si vede ora. Sotto la navata di destra, passava l’antica via Flaminia. nel secolo scorso, nelle sue adiacenze, fu costruito il cimitero comunale che, nel 1850 ancora non era in funzione. Poi il portico fu chiuso trasformando così l’intero fabbricato in un tempio bello e grandioso. Molti erano gli obblighi di messe che si celebravano sull’altare, lasciati da pii benefattori. Nel 1922 fu restaurato l’atrio e la facciata, che dà sul piazzale. Ha un magnifico portale in pietra con rosone e due finestre, opera pregevole dell’anno 1507. L’interno della chiesa ha la volta a crociera, e conserva preziose pitture di Matteo da Gualdo, e di suo figlio Girolamo. Altri dipinti del Ferri, come si rileva dal cartiglio apposto al fianco di S. Rocco testimoniano come questa cappella sia un vero museo d’arte, la quale, per essere gelosamente custodita necessita d’urgenti opere di restauro, sia negli affreschi sia nella parte muraria.
Il 26 luglio, la chiesa, ricorda i SS. Anna e Gioacchino: "Furono i genitori della Maria Vergine di cui il Nuovo Testamento non parlano. Il primo riferimento si trova in un Vangelo apocrifo il Protovangelo di San Giacomo del II secolo. Gioacchino era un uomo pio e buono che afflitto dalla mancanza di figli, si ritirò quaranta giorni nel deserto per pregare e digiunare. Sua moglie Anna fece dono di consacrare a Dio la loro creatura e, data alla luce Maria, a tre anni l’affidò al tempio. Il loro culto si sviluppò, già dal VI secolo, in Oriente e la festa di S. Anna fu istituita nel 1584. San Gioacchino fu lasciato un po’ da parte dalla liturgia forse, per la discordanza sul suo nome trovato negli altri scritti apocrifi".
Ciò che conta tuttavia non sono i loro nomi ma ciò che fu, secondo il detto evangelico: "Dai frutti conoscerai la pianta". Con l’avvento della globalizzazione ci siamo dimenticati della festa patronale di S. Anna, un tempo invece, la venerazione per questa santa superava i confini comunali e, quando la "fiera", che era all’interno del paese, ci trasportava in un mondo di sogni e favole ... e v’erano gli immancabili cocciari e poi quelli che portavano la roletta, i cantastorie, i venditori di quadri e di libri dalle lucide copertine a colori e gli zingari nel pratello con la giostra e il tiro a segno! E sopra tutta questa gaiezza degli uomini delle cose, un cielo senza nubi in mezzo al quale spadroneggiava il più bel sole d’estate, i cui raggi portavano la loro luminosità in ogni viuzza del paese, in ogni angolo delle case! Era la festa di Sant’Anna a Sigillo.

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Corsa delle carrette 

LA CORSA DELLE CARRETTE

Sigillo 16 Settembre 1947
A chiusura della festa dei muratori, sul percorso Rocca Borgo, passando per il Corso, via Longareni e la Flaminia antica (mt. 900) si disputò il “PRIMO PREMIO DELLE CARRETTE”.
Nonostante le difficoltà che presentava il tragitto, per la pendenza notevole, per le curve e controcurve, la manifestazione ebbe un successo clamoroso. Un pubblico foltissimo, convenuto anche dai paesi vicini, fece ala ai concorrenti. Malgrado la pericolosità di alcuni tratti di strada e la velocità dei mezzi, non si ebbe a lamentare alcun incidente.
Le carrette erano divise in due categorie: piccole e grosse cilindrate. Queste ultime, però, delusero completamente, poiché l’audacia e la perizia dei concorrenti non hanno loro impedito di uscire fuori strada, costringendole al ritiro. Uguale sorte toccò ad alcune piccole cilindrate.
Furono così tolti di gara: A. Bastianelli e F. Tomassoni favoriti delle piccole cilindrate, che avevano vinto la domenica precedente a Palazzolo, i fratelli Marianelli con il loro elegantissimo “DELFINO”, il “FORCE” di Agostino Bartoletti e la “TRAMOGIA” di Maccherone e Palanga. Un incidente ai vincitori della piccola categoria Toni-Fabbri di Fossato li mise in condizione di non poter puntare alla vittoria assolute.
Questo toccò alla coppia Alimenti Tittarelli, che con una gare veloce e giudiziosa avevano già tagliato per primi il traguardo nella categoria maggiore. Sfortunata la prova di O. Bianconi e di S. Palanga, che furono squalificati per essere arrivati sotto lo striscione d’arrivo senza la meccanica (o Matinicchia). Ottima la prestazione di Angelo Pierini, al quale il compagno di vettura Italo Ballelli non poté dare adeguato aiuto perché indisposto. Commentata la defezione all’ultimo momento della coppia G. Luconi e S. Bartoletti con “ L’IRRAGGIUNGIBILE”. Impeccabile l’organizzazione : il pubblico con un magnifico altoparlante fu continuamente informato sulla preparazione dei concorrenti, tempo della partenza  e sviluppi della corsa.

Questa è la cronaca della prima corsa delle carrette a Sigillo. Sono passati 68 anni da quel giorno, ma da quell'anno in poi per divessi anni non proprio consecutivi si sono succedute altre corse. Una carretta tra tutte è stata il famoso "Delfino" prima e "Siluro" poi, costruito dai fratelli Marianelli con il serbatoio supplementare di un'aereo da guerra americano sganciato mentre era in volo nei pressi della Scirca, facendo gare avvincenti anche fuori Sigillo ed addirittura a Perugia. Poi per tutti gli anni sessanta non si anno notizie di corse delle carrette. Fino poi ad arrivare alla fine degli anni 70 grazie ad Angelo Fugnanesi presidente dell'allora "Pro Loco" è ripresa puntuale ogni anno alla  fine del mese di Agosto  la "Corsa delle Carrette", Adesso il percorso è cambito, non è più quello di una volta come si legge nella cronaca soprastante, ma va dalla Madonnella al Bottaccio, è una bella discesa, un pò più breve ma meno pericoloso. Nel frattempo si è anche costituito un "Comitato" che gestisce  tutta l'rganizzazione dell'evento. Con l'evoluzione del tempo si sono evolute anche le carrette, assumendo una forma più aerodinamica quasi da formula uno, non più di legno, ma di metallo con freni idraulici e ruote fatte con pneumatici delle auto. C'è da dire, che ai concorrenti di oggi, non manca di certo la fantasia, costruendo anche carrette di ogni forma e tipo, un po meno congeniali alla velocità, ma belle e simpatiche da vedere.


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Festa di San Martino

FESTA DI SAN MARTINO


Sigillo, dalla sua fondazione (1274), ad oggi, ha avuto un attaccamento particolare a San Martino, al punto di dedicargli una porta, un quartiere, un torrente ed una chiesa. La chiesa, nei documenti medievali è chiamata San Martino de cerqueto, la prima notizia si ha nel 1314, la sua posizione era dove è la croce in legno sulla collina detta anche oggi di San Martino. La chiesa era in travi di legno, senza campanile, di piccole dimensioni intorno ad un unico altare e aveva affreschi che alla fine del '500 erano molto rovinati. Dal 1726 non si hanno più notizie di questa chiesa.

San Martino, vescovo di Tours (316 +397) è uno dei santi più popolari e amati specialmente nelle campagne. Martino nacque in Pannonia, l'attuale Ungheria da un ufficiale dell'esercito e l'episodio del mantello si colloca quando Martino aveva circa 22 anni. E' così popolare da essere patrono dei mendicanti, dei soldati. dei sarti e pellicciai, conciatori, venditori di stoffe, osti e ceramisti, dei bevitori e degli ubriaconi. Il patronato dei viticultori e vendemmiatori si motiva anche per la stagione della sua festa e perchè in tale data 11 novembre, in più luoghi si beve il vino nuovo e si mangiano le caldarroste.

I giovani sigillani hanno sempre ricordato la "festa di San Martino" con una particolare devozione, che la sera cambia in una "abbuffata" di vino e castagne (un tempo anche salsicce), che negli anni dopo lo "sventramento" la palestra ha ospitato con gioia e serenita, uniti al beneplacido di Don Domenicon e Don Mario, ricordando i proverbi della nostra terra che dicono:

"per san Martino ogni mosto è vino,  per san Martino sali al monte e guarda l'piano, se l'piano fa verdura, spera poca arcojtura".

Una antica filastrocca diceva: vino vinello quanto sei bello, ma sei anche brigantello, ed allora per punizione io ti mando in prigione.

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Focaraccio

IL FOCARACCIO


E' una secolare tradizione sigillana, segnalata anche dalla rivista del Touring Club Italiano. Il 9 dicembre d'ogni anno, i giovani passano per le vie del paese, con un carro a sterzo, trainato a mano mediante una lunga fune, munita di bastoni incrociati (timonelle).

Passano gridando " Viva Maria ", chiedendo legne e fascine. Poi le accatastano, e sul punto più elevato mettono il cartello con la scritta Viva Maria.

Alle ore 20,00 si accende il "focaraccio". Tutto il popolo interviene a questa festa paesana e per buona parte della notte ci si scalda al fuoco che divampa allegramente. Alle 2 del mattino suonano le campane a festa in ricordo del passaggio della casetta di Nazaret, portata da mani angeliche da Scutari a Loreto. Nelle case, a quello scampanio, si recitano le Litanie della Madonna mentre il fuoco continua ad ardere fino al mattino.

Gli anziani del nostro paese erano soliti dire " la notte della Venuta", per indicare, nella semplicità della parola tanta fede e tanta poesia. Poesia che solo chi l' ha goduta può  apprezzare appieno e che rinnova, con il ricordo, le sensazioni dolcissime che negli anni lontani gli inebriarono il cuore.

Torna la Venuta con la gioconda allegria del " focaraccio". Quante  fatiche per tirar fuori dai fossi e dai campi con l'acqua e il fango alle ginocchia piante intere, sradicate da tramontane furenti o da piene vorticose!

Muore nelle ore scure della tarda sera il "nove dicembre"; scoccano le otto dalla torre del Comune; qua e là nel focaraccio si accendono la paglia e le ginestre, che poi investono la catasta e volano fiammeggiando sino in cima, dove la tradizionale canestra vecchia saluta il rogo, che ormai brucia dappertutto, mandando altissime, verso le nubi, le prime faville d'oro.

Più  tardi saranno in pochi a  fare compagnia al fuoco,  per avere leggero il

sonno al suono delle campane.

Questa è la Venuta a Sigillo, con l'allegria gioconda del " focaraccio. Un vecchio adagio racconta:

" Una legna non fà fuoco, due ne fanno poco, tre n'cè malaccio, quattro n' focaraccio ".

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Festività Natalizie

Pagina in allestimento.

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Corpus Domini
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